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Focus

Podcast fantastici e dove ascoltarli

Play.

Nella nuova sede della nostra agenzia abbiamo un angolo dedicato alla registrazione dei nostri podcast. Quello spazio serve per quei momenti in cui alcuni di noi si armano dell'attrezzatura necessaria, mettono le cuffie, accendono il microfono e dopo un breve prova prova sa sa iniziano a parlargli. Storie di marketing, viaggi d'ispirazione, qualche volta monologhi quasi comici. Nei copiainpodcast troverete alcune delle storie che più hanno incuriosito chi lavora alle scrivanie di copiaincolla, la nostra agenzia creativa.

Qui un assaggio.

Sbagliare è sexy

L'invenzione dei post IT, come molte altre, è nata da un errore. Un colpo di genio che racconta Chiara, Digital Project Manager a copiaincolla.

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Advertising consapevole

Dai protagonisti belli e impossibili delle pubblicità di molti anni fa alle prese di posizione nette dei brand di oggi. Ne parla Laura, Marketing Specialist.

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Creativi nel mondo

Il progetto copiadecolla annunciava il cambio sede dell'agenzia e il viaggio di ogni creativo nel mondo. Il racconto di Diego, Head of Content spedito a Bilbao.

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Pausa.

Soffermiamoci per un momento sui podcast. Cast si può tradurre come "trasmettere", mentre su Pod ci sono un paio di versioni che circolano.

Proviamo a riassumerle in questa terza.

Nel 2001 arriva il primo iPod da casa Apple a sdoganare l'avvento recente del podcasting: chiunque può scaricare contenuti audio in formato digitale per ascoltarli sul proprio dispositivo. Possiamo immaginare come l'assenza di una radio che avesse copertura su territorio nazionale, oltre al fatto di poter ascoltare gli audio in un secondo momento, aiutò il pubblico ancora legato a dirette e a calendari già stabiliti a restarne facilmente affascinati. In Italia, restiamo più affascinati da lato musicale dell'iPod e spesso la memoria dei nostri dispositivi viene interamente dedicata alla libreria personale piuttosto che ai podcast.

Seppur agli esordi si parlò - e non a caso - di audioblogging, le affinità e le differenze più palesi si ricercarono nei programmi radiofonici. I nuovi arrivati podcast, prima registrati e poi caricati su piattaforme online dedicate, sembravano a tutti gli effetti la versione non in diretta di un canale radio.

A livello di serialità i due mondi si riavvicinavano. E lo fanno ancora oggi. Se in radio esistono le rubriche e gli speaker che tornano puntuali ogni giorno come da palinsesto, qui possiamo parlare di episodi generalmente specifici su un'unica tematica.

Quel che forse non tutti sanno è che il podcast diventa mainstream grazie a un omicidio. O meglio, grazie a un giornalista che nel 2014 fidelizza il grande pubblico americano grazie ad un programma audio di nome Serial in cui racconta le vicende del fatto di cronaca più seguito in quel momento, un omicidio appunto.

L'originalità stette nell'aver realizzato un format editoriale nuovo e specifico e non di aver meramente caricato audio.

Morale della favola? Che sia di natura informale, che sembri una chiacchierata tra amici o che racconti di un interesse di nicchia, la genialità di qualunque mezzo di comunicazione sta sempre lì, nel contenuto, nell'idea.

Riproduzione casuale.

La sede principale della nostra agenzia di comunicazione si trova a Mantova. Lì esiste un termine meravigliosamente locale e astutamente versatile. L'uso del termine bàgai salva ogni mantovano dalle situazioni più scomode - come un nome scordato al momento sbagliato - e semplifica anche le argomentazioni più tecniche senza necessità di avere un vocabolario altrettanto tecnico per sostenerle. Puoi ordinare un bagài, chiedere come sta bagài, spiegare che quel bagài serve per bagaiàre quell'altro bagài.

Il corrispettivo britannico è play. Play ha la stessa versatilità quasi arrogante di bagài. È zeppa di quella che, se uno si ricorda la parola, viene detta polisemia. 
Sia il verbo sia il sostantivo, hanno vari significati. Si va dal giocare fino al perdere tempo, se contiamo anche tutte le espressioni verbali tanto care al popolo inglese. 

Play nella sua accezione più nota è anche il pulsante a forma di triangolo  che prima trovavamo sui videoregistratori VHS, poi sui lettori CD o DVD, e che troviamo ancora su qualsiasi tool di riproduzione digitale, specialmente in campo audio e video.

Premere play è dare inizio a un momento di sfogo mentre colpiamo un tirapugni in palestra accompagnati dalla playlist che ci dà la carica, è smettere di pensare, è isolarsi dalla realtà, è ascoltare musica triste quando si è tristi e ritrovarsi ancora più tristi, è immergersi in una giornata degli anni 90 ripresa con le prime videocamere analogiche da un genitore di cui si sente la voce e non si vede mai il volto. Play è una scena della nostra vita, anche quelle che avremmo voluto mettere in pausa per sempre.

È anche il jingle di uno spot che ci ha fatto impazzire, è il tormentone estivo che abbiamo odiato e poi cantato. È l'audiolibro che ascoltiamo in auto, è il podcast che registriamo in agenzia. Perché per riprodurre qualcuno deve prima produrre. 

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