Per realizzare una sceneggiatura, si parte da un foglio bianco. Si scrivono e si riscrivono concept, fino a quando si arriva a fare approvare al cliente lo script definitivo. Battute, luoghi, gesti. Tutto è lì, pronto per diventare uno spot pubblicitario.
Si fanno i casting, si scelgono gli attori che diranno quelle parole. Si cerca una location, il luogo in cui i personaggi reciteranno quelle frasi. Si ascoltano e si registrano audio, la colonna sonora di quei dialoghi.
E si va sul set.
Fino a qui, sembra tutto molto regolare. Ma non è così. Quando il copywriter, autore di quella sceneggiatura, arriva ad assistere la produzione e la regia, la sceneggiatura definitiva smette di esserlo. Si vedono dettagli che dalla scrivania non era possibile vedere, si trovano piccoli ostacoli che nella teoria non potevano presentarsi.
Può capitare, ad esempio, che inizi improvvisamente a diluviare durante una ripresa esterna e che la scena precedente fosse stata girata sotto a un cielo completamente soleggiato.
Può capitare che il cliente cambi idea su alcune battute e chieda un'alternativa.
Può capitare di dover cambiare oggetti di scena e di andare ad acquistarli tra un ciak e l'altro.
Può anche capitare che tutte queste situazioni si verifichino contemporaneamente.
Ed ecco che inizia una nuova fase di riscrittura. Nuovi fast-brain, nuove fast-call e nuovi fast-copy.
Tutte quelle parti di testo, anche le più minime, vanno modificate senza alterare tutto il resto: le inquadrature prestabilite, le luci, le tempistiche programmate. E, a proposito di tempo, quelle soluzioni vanno trovate in fretta, ma ragionate bene.
I cambiamenti in corso d'opera sono i più rischiosi. Perché una volta girato lo spot, non si può più tornare indietro.