C'è un che di romantico nell'idea che tutti abbiamo del mezzo radiofonico. È qualcosa che non ha mai perso il fascino dei primordi e probabilmente perché la sua stessa natura limitata al suono le impedisce di vedersi stravolta la propria personalità da rivoluzioni come quelle che hanno invece investito la televisione, o ancor di più il web.
La radio non può evolvere troppo: e se ad una prima lettura superficiale questo potrebbe essere un limite, in realtà diventa il segreto della sua longevità.
Nel 2016 per esempio, in Italia ha avuto un’audience complessiva di 35,5 milioni di ascoltatori. Pensate solo a quanto tempo passate in auto - CSA Research ha stabilito che, in media, nell'arco dell'intera vita, ogni italiano ci passa 5 anni e 7 mesi - e al fatto che la radio è la vostra fedele compagna di viaggio. Ma non è solo questo.
Ora esistono lo streaming, la radio online, i podcast. La fruibilità si è fatta molto varia e così, naturalmente, anche le potenzialità in termini di pubblicità. La varietà assicura anche un altro vantaggio, quello della trasversalità del pubblico. E tutti questi vantaggi vengono amplificati dalla convenienza economica: i costi ridotti delle campagne radio rispetto a quelli dei tipici listini tv, fanno schizzare la redditività della prima a +20% sulla redditività della seconda.
Vero, il mezzo “solo audio” impone dei precisi meccanismi, delle chiavi comunicative peculiari. I messaggi e i contenuti vanno concepiti ad hoc. Ma il potenziale che può garantire, spesso merita quel lavoro. Pensate, anche senza arrivare ad emittenti nazionali, a quanto una buona programmazione su radio in-store può risultare un'azione comunicativa profondamente efficace. A quanto può motivare il pubblico nel momento stesso in cui si trova di fronte allo scaffale, nella fase cruciale dell'acquisto. Molto, no?
Riassumendo, grandi margini d'azione e notevoli prospettive marketing. Fateci un pensiero.