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Focus

Team building costante

La serialità di contest interni

 

Team building non è affatto una parola che usiamo. Ci sembra smonti tutto. Ci sembra che se la chiamassimo così ognuna di quelle cose diventerebbe un obbligo; e diventerebbe molto noioso progettarle.

Il nostro approccio a fare team-building-odiando-il-team-building è invece probabilmente il nostro segreto. Un esempio: la partecipazione è sempre, sempre, sempre facoltativa (e guarda caso non ci sono mai defezioni, ma solo molta partecipazione. Perfino troppa a volte, quando lo spirito competitivo prende il sopravvento).

Capita di trovare strani test sopra la scrivania al rientro dalla pausa pranzo. Possono chiedere di indovinare il film preferito di ogni collega, di abbinare le nostre foto da neonati ai rispettivi proprietari ormai adulti. Anche di scommettere i vincitori degli Oscar dal miglior film fino ai migliori effetti sonori. Test che compaiono inaspettatamente e che assegnano un punteggio.

Capitano anche giornate a tema, quelle sì preannunciate prima. Beach Day, Fucsia Day e molti altri Day in cui presentarsi in agenzia con il dress code consono a quel mood. La libertà di reinterpretare il tema è assoluta, così come quella di partecipare. Eppure partecipano tutti, a caccia dei differenti riconoscimenti che valorizzano in alcuni casi l'abbondanza e in altri la raffinatezza di alcune scelte originalissime, a volte frutto di lavori sartoriali improvvisati nella notte. Capitano anche improvvise sfide da affrontare a gruppi. Come quella in cui, muniti di un mucchietto di mattoncini Lego, si doveva arrivare a rappresentare copiaincolla. In astratto? Riproducendone la sede? O magari solo un dettaglio? Libertà.

La domanda è "Ma perché?", la risposta è "perché sì".

Perché è inevitabile che il giorno dopo aver condiviso quel momento venga ancora più facile condividere una criticità da risolvere su un progetto. Che venga ancora più facile preferire parlarsi a voce piuttosto che invece scriversi. Che venga ancora più spontaneo raggiungere soluzioni, condividerle, costruirle collaborando.

E poi, certo, anche perché quei momenti ci ricordano che lavoriamo in un'azienda diversa da tutte quelle in cui ognuno di noi ha lavorato prima di stabilirsi qui. Perché ci piace molto sentire che il nostro posto è un posto unico. Migliore? Forse, ma la risposta è legata spesso alla soggettività. Il fatto che sia unico è invece del tutto oggettivo.

Viaggi di contaminazione, vicini e lontani

 

Per molti anni, ogni anno, copiaincolla è decollata. Il progetto ha anche un nome: copiadecolla. Tutto quello che è successo al mondo a partire dal 2020 ha rallentato quel processo e quei decolli, ma copiadecolla è un concetto per noi vivo e vegeto.

Ma l'eredità di copiadecolla è rimasta intatta nella troposfera dell'azienda. L'idea di viaggi pagati da copiaincolla per permettere alle sue persone di vivere eventi, mostre, esperienze banali e altre uniche, in un preciso quartiere di Londra noto in quel momento per quel trend così come al mercato del pesce di Tokyo nascevano da un'idea precisa. Un'idea di ribellione ad alcuni preconcetti.

Troppo spesso si dà per scontato che le intuizioni nascano dal nulla, all'improvvisso, da una vena creativa che è innata e non da un approccio schematicamente e scientificamente allenato a ribaltare le prospettive classiche e costantemente impegnato a trovare connessioni nuove e soluzioni che altri non vedono.

Dato che la realtà è quella raccontata dalla seconda parte della frase precedente, questo significa anche che chi ha quel compito deve necessariamente esplorare orizzonti ben più ampi del monitor sulla propria scrivania. E lo deve poter fare anche supportato e stimolato dalla stessa agenzia che ogni giorno gli chiede di sfornare nuove visioni, piccole o grandi che siano.

Se immaginiamo il cervello di un creativo, un account, uno strategist, uno sviluppatore come un'enorme arancia costantemente da spremere, capirete bene che la garanzia che quel frutto sia sempre succoso e polposo va assicurata curando la pianta, innaffiandola e concimandola a dovere. Da qui l'idea, negli anni, di spedire tutti a Barcellona, Berlino, New York, Mosca, Tokyo, Copenhagen. E di spedirci anche, ma in questi casi individualmente, a Londra, Bilbao, Instanbul, Cracovia, Marrakech, Edinburgo, Parigi e in molti altri luoghi ancora.

Tra le cose notevoli: 1) Marina Abramović che sembrava seguirci con il suo The Artist is Present, visto prima al MoMa e poi al Garage (Mosca); 2) la trattativa verbalmente violenta con un tassista di Marrakech piuttosto truffaldino; 3) chi a Berlino ha patito un'indigestione di Currywurst.

Quella volta, a raccogliere castagne

 

Rispetto al titolo, c'è poco altro da aggiungere e quel poco si può riassumere in quanto segue.

Indimenticabile vista sul Lago di Garda. Dita perforate dalle spine. L'apparizione improvvisa di una comitiva di suore a passeggio nel bosco che ci ha tuffati in una distopia alla Sorrentino. Il profumo del primo autunno. Perdersi e ritrovarsi tra gli alberi e i sentieri. Il fiato corto. I racconti d'infanzia che uscivano spontanei. Il piacere di stare anche in silenzio.

Pizza e Birra. Di lievitati e distensione

 

Nella nostra sede abbiamo un forno a legna.

L'abbiamo trovato già qui ed è stato un incredibile segno del destino. L'ala originaria della sede di copiaincolla, la sola che non è stata edificata in funzione del nostro arrivo, fino a un paio d'anni prima del nostro sbarco aveva ospitato un ristorante che aveva scelto di convertirsi in ristorante-pizzeria.

Risultato: in un punto della nostra sede esponiamo uno dei menù originali e in un altro punto abbiamo il suddetto forno.

Qualcosa che il destino ha voluto mettere sulla nostra strada dato che il rito del Pizza & Birra mensile nasce nell'ormai lontano 2017, quando la sede era un'altra e di forni ne aveva soltanto uno, piccolo ed elettrico.

Si fa presto a dire Pizza & Birra, molto meno presto a curare un lievito madre, a impastare a tarda ora per fare in modo che il giorno dopo possano venire cotte 30 pizze in pausa pranzo per i colleghi. Ora i tre Master of Pizza & Birra - che proteggeremo dietro all'anonimato - possono invece contare su ripiani professionali in granito e pale con lunghissimi manici. Ed è stato qui che ci siamo resi conto che quel genere di team building - che parola odiosa! - poteva essere utile anche a rafforzare il team costituito da copiaincolla e dal suo cliente che le affida il proprio progetto e il proprio budget.

Se ci pensate anche in quella squadra c'è molto in gioco ed è un peccato non investire nella sua coesione interpersonale con momenti di condivisione e di calore. Se ci pensate impastare e cuocere a legna una pizza per poi mangiarla in compagnia di un cliente può essere un notevole upgrade del concetto di team bui... no, basta.

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