Da molto tempo ormai il mito della Sillicon Valley ha inziato a essere ridimensionato sotto molti aspetti.
Tra i numerosi sguardi disincantati, negli ultimi mesi il podcast statunitense The Dropout e il romanzo La valle oscura hanno spiccato sopra a tutti per qualità narrativa e per puntualità analitica.
In quei loro due lavori, Rebecca Jarvis e Anna Wierer, spogliano le chimere futuristiche togliendo lustrini fasulli e disvelando contraddizioni, egocentrismo, frivolezze, inconcludenza dell'approccio alla vita, al mondo e al futuro di cui la Valley si è sempre fatta portatrice.
Tra tutti i temi toccati in quel bel podcast e in quel bel romanzo, c'è anche l'aspetto della cura dell'ambiente di lavoro, dunque della cura delle persone.
Aree relax, palestre, giochi, postazioni avveniristiche, varietà di cibi gratis, flessibilità, lavoro da remoto, bevande multivitaminiche. Una versione distorta del welfare aziendale che stressa il concetto di qualità della vita al lavoro fino a sovrapporre lavoro e vita, fondendone confini, tempi, spazi. Come se rendere bello e coinvolgente l'ufficio basti a giustificare l'esasperazione di una visione totalizzante in cui la mission aziendale diventa ragione di vita, una religione pagana.
Come se fosse la moneta con cui comprare l'abnegazione cieca alla causa e la vita di chi ci lavora: qui hai tutto, qui è il solo luogo che davvero valga la pena vivere, qui puoi spendere le ore della tua vita felice di farlo.
copiaincolla la pensa molto diversamente. Molto.