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Focus

L'anno "del papavero" è un anno passato tra elementi infestanti. Positivamente infestanti

Cos'è un papavero?

 

Una pianta infestante.

Spiace doverlo dire, non è mai carino mettere in piazza i difetti altrui e voler porre l'attenzione sulle cose meno positive di qualcuno - siano anch'essi piante - invece che sui pregi. Tuttavia la trasparenza è importante ed è giusto ricordarsi che quei bei fiori rossi che punteggiano l'oro estivo di un campo di grano sono una pianta infestante. C'è un però a difesa dei papaveri: chi ha detto che infestare sia necessariamente negativo? Che porti necessariamente a un danno?

Ci sono alcune parole che non nascono con un valore negativo ma che vengono condannate ad averlo dal tempo e dall'uso che se ne fa - come pregiudizio: esiste anche il pregiudizio positivo nonostante sia più difficile usarlo con quel significato - e infestante è una di queste.

Noi invece dentro a infestante ci vediamo anche altre sfumature non per forza cattive. Ci vediamo, perché no, anche della poesia nella scena di un campo monocromatico su cui, qua e là, spuntano puntini rossi. Come i nei sopra un bellissimo viso femminile. Come le crepe leggere di un antico piatto di porcellana. Sono dettagli che rendono più interessante il soggetto. Che rompono il lento procedere del prevedibile.

Proprio il prevedibile è uno dei demoni che ogni giorno qui a copiaincolla lottiamo per tenere fuori dalla porta. Perché non va mai abbassata la guardia, perché dev'essere un impegno costante. E serve infestarsi, contaminarsi di cose.

E servono i papaveri.

Bene, ma infestarsi con cosa?

 

Prima di tutto con la bellezza e con il piacere.

I papaveri sono il miglior esempio per capire che non per forza infestare è qualcosa di negativo, con loro è semplice: sono fiori, sono rossi in mezzo a campi che altrimenti sarebbero un piattume verde o giallo, in sostanza sono belli. Non servirebbero molte altre parole che queste due: sono belli.
Creano un'armonia nuova, rendono più vivo un paesaggio, più interessante. Fanno sì che guardarlo produca piacere.

In secondo luogo, con cose che prima (ti) mancavano.

Se non ti migliora, non ti serve dice un'aforisma che forse risulta un po' cheap, very Linkedin, ma che in fondo dice la verità.

Dunque: serve infestarsi e contaminarsi con ciò che prima non avevamo e con ciò che può farci sentire migliori.
Magari più ricchi, più completi - nei casi positivi - oppure semplicemente più consapevoli di cosa non amiamo, sentendo stimolato il nostro senso critico - nei casi in cui l'oggetto della contaminazione non seduca particolarmente.

La regola resta la stessa: serve incontrare cose che prima non conoscevamo abbastanza o non conoscevamo del tutto.
Apprezzarle o disprezzarle o restare indifferenti ci condurrà comunque un passo più avanti rispetto a dove ci trovavamo prima.

Infine, con una buona varietà di infestanti.

Ridursi a un solo genere, a un solo ambito, non aiuta affatto a raggiungere l'obiettivo del passo più avanzato rispetto al punto di partenza. Infestarsi non va d'accordo con la verticalità. Quello è l'approfondimento, la specializzazione, e deve seguire la fase di infestazione che invece può vivere solo su scala orizzontale.

Assaggi più cucine, ne trovi una che ti piace e inizi a provare differenti ricette della sua cultura e dei suoi stili di cottura. Benissimo.
Se però nel frattempo abbandonerai la ricerca verso altre cucine ti pregiudicherai nuove infestazioni, ossia nuove possibili buone scoperte o nuove possibili occasioni in cui comprendere che la cucina x o quella y davvero non fanno per te. Ma almeno lo saprai, e soprattutto saprai per quali ragioni non le ami. Lo saprai motivare a te stesso.

Accogliendo un ex bancario, ora brewmaster

In un'occasione abbiamo invitato in agenzia un brewmaster per farci raccontare di come ha mollato la sua vita di bancario per creare dal nulla il proprio birrificio artigianale e per farci degustare stili e ricette delle sue lattine.

Gli abbiamo chiesto come ci sia riuscito, cos'abbia significato non avere davanti a sè alcuna certezza e ci ha fatto capire che era comunque convinto che fosse la cosa che gli avrebbe fatto più bene, quindi in qualche modo si è fatto coraggio, ha lasciato i pro e i contro (per lui molti) della banca e ha affrontato i pro (per lui moltissimi) e i contro della birra. Ha dato il la a una produzione a detta sua antieconomica ma felice, con pochi margini, tutta votata alla ricerca della qualità del prodotto e della sua veste, con lattine illustrate e dai nomi ogni volta ragionati e sentiti.

Cuocendo pizze con i PanPers e la loro ascesa su tv e YouTube

Abbiamo chiesto ai PanPers di venire a mangiare una delle nostre pizze - nostre nel senso di impastate e cotte da noi nel forno a legna della sede - per capire come vivano dal loro punto di vista di influencer/autori/attori/creator i progetti di branded-content che noi ogni giorno viviamo dal nostro.

E come siano passati dall'essere compagni di scuola e amici a fare il primo provino per Colorado, da come siano passati dal creare video che non vedeva nessuno a video con milioni di visualizzazioni.

Migrando in due centri d'arte contemporanea

Per due volte abbiamo chiuso tutto quanto e dedicato l'intera giornata a perlustrare due centri d'arte contemporanea sparsi per l'Italia. Vedendo esposizioni talvolta esteticamente impattanti, talvolta più difficili da comprendere e apprezzare fino in fondo. Facendoci domande, cadendo nel classico "questo lo potevo fare anch'io" e un attimo dopo rialzandoci da quegli inciampi riconoscendo "no, non avrei potuto perché non ci avevo pensato".

Siamo ogni volta tornati sapendo che avrebbero lasciato qualcosa di impercettibile e inconscio, che ci avrebbe fatto comodo quando meno ce lo saremmo aspettati e magari senza nemmeno accorgercene.

Trasformando sale e parco della sede in un grande teatro d'improvvisazione

Abbiamo tasformato la sede in un set per un'intera giornata di corso d'improvvisazione teatrale condotta da due attori con anni di recitazione, scrittura e regia tra teatro e serie tv.

Fingendo di essere animali in mezzo al bosco, sfogando gesti istintivi e liberatori, utilizzando oggetti d'uso comune come fossero tutt'altro, immaginandosi di dare gestualità a concetti verbali, modellando pose dei colleghi fino a renderli sculture viventi, replicando le espressività del collega così da connettersi con la sua persona, e un po' di altre cose ancora. 

Affrontando un'analisi di gruppo con Skill Factor

Abbiamo strutturato una serie di incontri con Skill Factor e Luca Mazzucchelli che dovevano essere sulla carta solo un percorso di psicologia di gruppo e hanno finito per essere molto di più, facendoci ridere, piangere e conoscere cose di quel collega che non avremmo mai immaginato e che invece ce lo hanno avvicinato come mai prima o magari più semplicemente ce l'hanno fatto comprendere un po' di più.

Questo è fare formazione, anche se nessuno la fa così

 

L'anno del papavero nasce attorno a un'organizzazione rigorosa ma si basa su contenuti imprevedibili.
Non volevamo affatto che ne uscissero iniziative boriose, a sfondo professionale, legate a concetti di formazione rigidi, desueti, pachidermici. Volevamo tutt'altro.

Ecco una lista di verbi che volevamo generasse dentro copiaincolla l'anno del papavero:
- spiazzarci
- provocarci
- disorientarci
- scuoterci
- spettinarci
- incuriosirci
- conoscerci
- avvicinarci
- farci ridere
- farci pensare
- farci incontrare (persone che fanno cose vicine e lontane dalle nostre, ma che le fanno in modo unico)
- farci attraversare (da spunti, concetti, punti di vista, che altrimenti non avremmo incontrato)
- farci innamorare (di cose nuove)
- farci capire (che magari invece alcune di quelle cose nuove non ci interessano)
- farci aprire (gli occhi su cose che prima non vedevamo)

Ecco una lista di spazi e cose protagoniste dell'anno del papavero:
- il forno a legna della sede
- le pizze clamorose che ci cuociamo dentro, impastate, stese e cotte da due dei nostri web master e da uno dei nostri data analyst
- il giardino della sede
- ma anche l'ombra sotto agli alberi del giardino della sede
- le sdraio
- la terrazza
- la sala conferenze
- i divani della sala conferenze
- i vassoi d'acciaio del catering per sfamare tutti noi e tutti gli ospiti
- il grande maxi-schermo
- il grande maxi-schermo che ci ha lasciati tra il primo e il secondo evento, perché l'anno del papavero è anche cosa che mette a dura prova
- i fazzoletti per asciugare qualche lacrima
- le caraffe in cui abbiamo preparato, mescolato e servito spritz
- il rossore sulle guance per qualche imbarazzo
- i fogli per gli appunti
- una pallina da tennis che sarebbe troppo complicato spiegare qui a cosa serviva

Volevamo fare formazione, quella vera e non quella che fanno tutti.
Volevamo tutt'altro e allora ce lo siamo creato. E vissuto.

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