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Focus

La dama è molte cose assieme, anche apparentemente strane. copiaincolla pure

Apparentemente dama è solo quella cosa. Invece no

 

Per la grammatica dama è un omonimo, una parola che racchiude in se più di un significato. Due, direte voi.

Dama come nobildonna, gli abiti lunghi, lavorati, ricamati, impreziositi di perle e balze, in tessuti pregiati, espressione di femminilità borghese dei secoli medievali e rinascimentali, i movimenti elementari di danze combinate con messeri.
E poi l'altra dama, i piccoli dischetti bianchi e i piccoli dischetti neri che si sfidano sopra una scacchiera, il gioco di chi non ama o non conosce gli scacchi, molto più semplice a tutte quelle strategie intricate che richiedono grandi sforzi per anticipare a mente le proprie mosse e quelle dell'avversario.

E poi? Poi dama nasconde altre sorprese.
Dama è anche un paese toscano, in provincia di Arezzo, per la precisione nel comune di Chiusi della Verna. Dama è anche una briccola nei canali di Venezia, quelle speci di piramidi ripidissime di tre o quattro pali di legno che sbucano dall'acqua della laguna per indicare le vie d'acqua e per offrire attracchi. Addiruttura dama si trova in qualche caso anche come il nome arcaico del daino.

Apparentemente sembrava molto più prevedibile di così, no? Che non ci fossero altre omonimie su quadrupedi o paesini dell'aretino o altro.

Non solo, apparentemente una dama - la nobildonna ora - non potrebbe mettersi a giocare a calcio come invece sta facendo nell'immagine in cima a questa pagina. Troppa distanza d'epoche e di stili. E invece.

E invece dama vuol dire tutte quelle cose.

E invece noi una dama l'abbiamo fatta giocare a calcio, oltre che mettersi un dito nel naso, infornare pizze davanti ai torridi 450 gradi di un forno a legna, svenire dentro a un ascensore. Tutto dentro alla nostra sede, lo stesso posto dove lavoriamo per scardinare preconcetti, sconfessare apparenze, fare di tutto per non fare nulla di come dicono che si dovrebbe.

D'accordo, nulla forse è esagerato. Ma diciamo che non ci fermiamo mai al primo significato di qualcosa e nemmeno al secondo. Che sia la parola dama o che siano progetti che possono permetterci di lavorare e vivere a copiaincolla.

Non ci siamo fermati al primo significato di mensa aziendale, nemmeno di nido aziendale, nemmeno di welfare aziendale, nemmeno di flessibilità. Abbiamo prese quelle parole scavando fino giù in fondo, modellandole attorno ai nostri desideri, alle nostre necessità, finendo per sorprenderci noi stessi di cosa siano infine diventate. Così tanto lontane dai significati più limitati e standard che apparentemente sembravano gli unici possibili.

Accontentarsi oppure aprirsi nuovi scenari. A spallate, se necessario

 

A spallate oppure a calci, come quelli che la dama qui sopra dà a un pallone.

Capita che chi ci osserva da fuori ci prenda per strani, matti, sognatori. Capita che ai loro occhi sia folle che diamo più importanza a curare l'impiattamento di un piatto di pasta che ci serviamo qui in agenzia il lunedì a pranzo invece che su altre cose su cui tutti si aspetterebbero più attenzioni.

Semplicemente abbiamo un nostro sistema valoriale-professionale, cucito attorno alle nostre aspettative e ai nostri caratteri fregandocene che in alcuni casi possa non coincidere con la visione univoca - quella del siginificato unico - che la grande maggioranza può avere.

Siamo tra noi stessi molto differenti per percorsi, età, luogo di residenza, momento personale delle nostre vite, interessi. Siamo molte anime e molti significati, dunque che senso avrebbe costringerci tutti dentro caselle rigide, preimpostate da altri, frutto di un solo significato come quelle caselle che ciecamente credono che dama sia solo quella cosa e si perdono che potrebbe invece esere anche un daino?

Non credete che queste righe siano frutto dell'orgoglio superbo di chi crede di fare le cose meglio di altri. Non sentiamo di avere alcuna verità in tasca. Nelle nostre tasche non portiamo verità ma solo cose normalissime (fazzoletti, monete, penne, scontrini stropicciati). Normalissima e spontanea è anche la nostra voglia di abbattere muri che noi per primi, senza un costante impegno a non accontentarsi di fare in quel modo semplicemente perché sarebbe il modo più semplice, rischieremmo di costruire tutto attorno a noi.

Dunque quelle spallate e quei calci sono il più delle volte verso preconcetti che noi per primi potremmo avere. Verso l'umano istinto della paura che per auto-protezione mette in allerta di fronte ad ogni cambiamento e rischio, costringendo a valutare per bene il da farsi. A chiedersi se vale la pena. A spogliarsi di vestiti caldi per provarne di altri che all'inizio saranno certamente meno caldi eppure potrebbero poi risultare sorprendentemente più comodi, più piacevoli, più affini alla propria personalità.

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