copertina #35
anno 2025

Pensare all'erba del vicino e sdraiarsi sulla propria

In queste inquadrature ci siamo noi di copiaincolla e c'è l'erba del parco della nostra sede. In queste inquadrature non si riescono invece a vedere i giardini delle case e delle strutture che stanno attorno a noi. Non si vedono, ma ci sono.

Dei vicini ci sono sempre, ovunque. Anche i giardini più sperduti, anche l'erba di un'isola piantata nel bel mezzo dell'oceano, prima o dopo, incontrano un altro giardino e un'altra erba, e con quell'erba del vicino devono fare i conti. Invidia? Senso di superiorità? Convivenza pacifica? "Quell'erba rispetto alla mia è meglio in alcune cose e peggio in altre"? Saprete voi.

Qui vi raccontiamo quel che sappiamo noi della nostra e delle loro.

Quando siamo arrivati in questa sede molto più grande delle nostre sedi precedenti, abbiamo allacciato subito i rapporti con chi ci stava attorno. Ci siamo presentati, abbiamo raccontato chi eravamo e cosa facevamo. Serviva anche ad avvisarli che in alcuni momenti dell'anno avremmo potuto organizzare eventi, che dunque i parcheggi nelle vie si sarebbero potuti riempire più di come sono abituati a vederli ogni giorno, che magari dal nostro parco avrebbero potuto sentire chiacchierare - a volte esultare - un centinaio di persone arrivate fin lì per seguire una tavola rotonda su temi dentro e attorno al settore, o un open day di orientamento al lavoro, o un qualche torneo a sfondo benefico tra agenzie, o un altro di quegli eventi che qui sarebbe arduo definire in quattro parole.

Serviva farlo.

Serviva per una normale cortesia, certo, ma c'erra più di questo. C'era - e c'è! - la voglia di essere qualcosa in relazione ai qualcosa che sono quelli attorno a noi, perché altrimenti sei ma non sei davvero.

Qualche mese fa nei Paesi Bassi si è parlato molto di un reportage prodotto su questo tema da un sito d'informazione. Raccontava di come a Poelenburg, sobborgo residenziale alle porte di Amsterdam, si sia diffusa l'abitudine ad alzare attorno alla soglia dei due metri l'altezza delle recinzioni che segnano il perimentro delle singole proprietà. Una macchia di petrolio che ha offuscato e appesantito la fluidità su cui fino a quel momento avevano navigato i rapporti tra vicini. Meno persone che si salutano, meno persone che si scambiano aiuto se l'auto non parte. In sostanza, meno persone che si fidano le une delle altre.

Ognuno illudendosi di essere più al sicuro chiudendosi dietro barricate di due metri invece che scambiando innocue frasi di circostanza. Ignorandosi invece che incontrandosi.
Eppure, avete mai visto qualcuno vivere bene e felice sentendo di avere attorno persone da cui è meglio nascondersi? E avete mai visto qualcuno lavorare bene e felice nel costante timore di essere spiato o nella diffidenza verso chi gli sta attorno?

Ecco, appunto.

I vicini siamo anche noi tra di noi

 

Una volta a uno dei nostri eventi di Natale abbiamo parlato delle desire line.

Le desire line sono quei sentierini strettissimi tracciati sull'erba dal passaggio assiduo di tante e tante persone. Linee di terra battuta a tagliare il verde di un prato. Le avrete viste e percorse decine e decine di volte nei parchi pubblici o in zone verdi anche molto lontane dalle città.
Nascono in modo del tutto spontaneo, spesso come scorciatoie, e sono il segno semplice e tangibile di come noi umani sappiamo trovare, e condividere tra noi, soluzioni con cui risolvere problemi.

Apparentemente le desire line non c'entrano nulla con l'erba del vicino e con la propria. Solo apparentemente però. Perché in realtà la superficie del ragionamento è la stessa.

I nostri vicini non sono solo quelli al di là della nostra recinzione. Lo sono anche quelli al di là della nostra scrivania.

Come in ogni organizzazione, azienda, gruppo, i nostri vicini siamo anche noi: vicini l'uno dell'altra. Ognuno con la sua erba da confrontare con quell'altrui - talento, indole, posizione nello scacchiere aziendale, responsabilità, ecc. - e ognuno con la scelta da prendere e aggiornare ogni minuto che passa al lavoro con gli altri: alzo le recinzioni attorno al mio praticello ai livelli del sobborgo di Amsterdam o invece le levo del tutto? E se scelgo una via di mezzo a quanto centimetri è giusto fermarsi?

Se le guardate dall'alto le scrivanie di un ufficio e le villette di un quartiere residenziale sono pressoché la stessa cosa. Dei rettangoli disposti in modo ordinato, talvolta raggruppate talvolta no. Le strade e i vialetti che portano dalle une alle altre sono la base iniziale, le connessioni più elementari.

Poi sull'erba del vicino e sulla propria serve tracciare delle desire line e per farlo serve essere in molti a passare esattamente per di lì, essere in molti ad avere fiducia che la scorciatoia aperta da quello che è passato prima valga la pena di essere percorsa.

E passando in molti di lì oggi e domani e dopodomani, si condividono i percorsi. E passando dalla stesso sentiero oggi e domani e dopodomani si abbassano le barriere perché si capisce che costringerebbero a scomode circunnavigazioni. Si arriva prima al punto, si diventa più diretti, si diventa più un insieme di passi.
E solo così si fa molto prima poi, quando serve, ad aprire nuove linee di passaggio abbandonando quelle che non sono più utilii.

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