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Focus

Cesare non c'è più ma qui c'è eccome. Anche con la sua scultura

Chi era Cesare

 

Era prima di tutto un amico.

"Prima di tutto" nel senso anche cronologico dell'espressione, dato che era già amico degli altri due fondatori di copiaincolla ancor prima che esistesse tutto questo. Amico non tanto per dire. Amico inteso come fraterno, da farsi regali a Natale anche da ragazzini, da condividere tutto insieme.

Creata copiaincolla era diventato un amico anche per tutta l'altra decina di persone che hanno composto l'agenzia nei suoi primi anni di vita, quando tutti avevano ancora molto meno di trent'anni, e spesso al termine delle otto ore lavorative la condivisione di tempo e spazi confluiva con la massima naturalezza nel tempo libero creando un continuum senza veri confini. Si cenava insieme, si usciva insieme, si partiva per il weekend insieme. Si vivevano insieme momenti, viaggi, passioni, gioie, tristezze. Ci si sceglieva anche come amici nella vita oltre che come colleghi alle scrivanie.

Cesare era anche il cappellino che amava indossare. E il take it easy che infilava scritto ogni volta che poteva.

Era l'incarnazione della sensibilità creativa dell'agenzia e il primo ispiratore di un riflesso pavloviano che a copiaincolla fortunatamente non si è mai smesso di respirare e di tener vivo. Il riflesso che di fronte a un brief fa partire il pensiero laterale, innesca il desiderio di provare a complicarsi la vita, di mescolare le carte, di non arrendersi al fatto che si debba per forza fare come si è sempre fatto. Il desiderio di esplorare cose diverse. Il desiderio di stuzzicare prima di tutto se stessi, il desiderio di creare cose che ci piacciano sul serio.

Pazienza se in alcuni casi poi serve fare passi indietro per vincoli oggettivi o perché il cliente preferisce strade più prudenti e battute. Il sogno era quello ed è ancora quello. Ogni volta, ogni giorno.

Il suo Icosaedro e le altre eredità

 

copiaincolla ha fino a ora, da quando esiste, vissuto in tre sedi.

In quella di mezzo, per molto tempo ci sono stati un vecchio maggiolino Volkswagen e diverse Vespe che Cesare aveva personalizzato in alcuni casi con stampe, in altri dipingendo direttamente a mano carrozzeria e carene. In tutte e tre le sedi ci sono sempre stati alcuni dei suoi numerosi quadri. Nella sede attuale, la prima ad avere un grande parco all'esterno e dunque la prima che potesse degnamente ospitare la sua imponente scultura, è finalmente arrivato l'Icosaedro.

Per parlare di quell'opera in particolare ecco qualche riga presa in prestito dalla pagina che abbiamo creato qui (pagina da cui potrete capire anche cosa siano i riferimenti che vedete qui sotto alla 500 e al Take It Easy):

L'icosaedro è un solido di venti facce, ognuna delle quali è un triangolo di tre lati uguali. Nessuno sa perché Cesare lo abbia scelto, nel 2013, come soggetto della sua opera. Forse per la regolarità della figura, forse per i contrasti tra la solidità della forma e la leggerezza di una struttura completamente aperta. Il mistero attorno alle sue scelte artistiche era una costante. Non tanto per il gusto di celare i significati al pubblico, quanto invece per la spontaneità di cui era intrisa la sua cifra artistica. Produceva lasciandosi guidare dall'istinto, guidato dal suo intimo senso per il bello.

Cesare traboccava del suo innato bisogno di creare segni, forme, immagini. Se l'aveste conosciuto anche solo superficialmente, l'avreste immediatamente e nitidamente percepito. Era come se cercasse nella sua produzione qualcosa che gli raccontasse, o gli confermasse, chi era lui. Come se i significati prendessero sostanza nel momento stesso in cui lavorava a un nuovo pezzo, a un nuovo quadro, a un nuovo simbolo.

Cesare aveva un rapporto con l'arte che non apparteneva a un piano concettuale, razionale, analitico. L'arte per lui era cosa da vivere, da sentire fisicamente, da respirare, da produrre. Era cosa che, invece che guidata, andava seguita.

Ora che sapete qualcosa in più di lui, dei suoi modi di guardare e ideare, e del suo Icosaedro, vi sarà di certo più chiaro perché anche se Cesare non c'è più, qui c'è eccome.

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