Dopo queste prime dichiarazioni, risulta chiaro che la progettazione grafica di un packaging possa richiedere enormi sforzi per realizzarsi impattante. Quel che pensiamo in agenzia, tuttavia, è che il pack oggi non deve e non può limitarsi alla confezione che qualsiasi persona con sintomi di tosse o raffreddore si trovi davanti a sè una volta entrata in farmacia.
Quand'anche la grafica di un packaging buchi lo scaffale, quello scaffale non può essere l'unica via d'uscita per quel prodotto. Non è un packaging food, e probabilmente né di fluorescente design. Quel farmaco o quell'integratore, ad esempio, dovrà uscire nello store.
E dovrà farlo adattandosi a tutta la comunicazione interna alla farmacia. Pensare già agli espositori, progettare fin da subito i packaging in ottica vision, a seconda dei materiali da banco che lo supporteranno. Ragionare l'intera esperienza del consumatore all'interno del punto vendita.
O ancora, se quel pack dovesse essere distribuito da un e-commerce oltre che in farmacia, perché la grafica da web dovrebbe mai essere un servizio fotografico del pack da banco, probabilmente poco leggibile e di certo per niente comunicante? In questo caso parliamo di virtual packaging, ovvero dello sviluppo di un design pack farmaceutico concepito fin da subito per poter essere declinato in differenti ambienti, senza perdere nulla in termini di identità e impatto.
In poche parole, in agenzia crediamo che ormai il packaging di prodotto non possa più essere una questione meramente associata alla confezione fisica dello stesso, ma che debba valutare ogni comunicazione attorno ad esso, sia in-store ed offline, sia off-store e online.